E) Confraternite aventi fine di assistenza e beneficenza - Priorato delle Confraternite per la Diocesi di Acqui

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E) Confraternite aventi fine di assistenza e beneficenza

Le Confraternite

Le confraternite aventi fine prevalente di assistenza e beneficenza sono equiparate alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), regolate dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972 (la c.d. legge Crispi) e successive modificazioni. Esse, in quanto persone giuridiche pubbliche nell'ordinamento italiano, non possono e non devono essere iscritte nel registro delle persone giuridiche private.
Negli ultimi anni si sono verificate rilevanti novità legislative e giurisprudenziali in materia di IPAB. La Corte costituzionale con sentenza n. 396 del 7 aprile 1988 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della citata legge Crispi, nella parte in cui non prevede che le IPAB regionali e infraregionali possano continuare a sussistere, assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano tutti i requisiti di una istituzione privata.
A seguito di tale sentenza il Governo ha emanate con D.P.C.M. 16 febbraio 1990 una direttiva in materia alle regioni, precisando che: Sono riconosciute di natura privata quelle istituzioni che continuino a perseguire le proprie finalità nell'ambito dell'assistenza, in ordine alle quali sia alternativamente accertato:
a) il carattere associativo;
b) il carattere di istituzione promossa ed amministrata da privati;
c) l'ispirazione religiosa" (art. 1, comma terzo).

Tali indirizzi sono stati recepiti in diverse leggi regionali.
A seguito della citata sentenza della Corte costituzionale e delle successive leggi regionali recentemente diverse IPAB hanno assunto la personalità giuridica di diritto privato.
I principi ispiratori dell'Accordo di revisione del Concordato dei 18 febbraio 1984 fanno sorgere un'incompatibilità tra l'appartenenza di un'associazione all'ordinamento confessionale e la sua qualifica di ente pubblico nell'ordinamento statale. Per questa ragione è opportuno che tutte le confraternite qualificate come IPAB chiedano la personalità giuridica di diritto privato nell'ordinamento italiano, avvaalendosi della possibilità derivante dal ricordato intervento della Corte Costituzionale e facendo riferimento alle disposizioni procedurali che molte regioni hanno emanato.
E' bene, tra l'altro, ricordare che gli indirizzi di politica legislativa emergenti dal disegno di legge in materia di riforma dei servizi socio-assistenziali presentato dal Governo al Parlamento vanno nella direzione del superamento della figura delle IPAB attraverso l'obbligatoria trasformazione in fondazione di diritto privato o in azienda comunale.

Per quanto riguarda l'ordinamento canonico si pone il problema se le confraternite aventi fine di beneficenza debbano essere considerate associazioni di fedeli pubbliche o private.
Le confraternite fino all'entrata in vigore del nuovo codice erano qualificate come persone giuridiche pubbliche: non solo perché il codice pio-benedettino non prevedeva le associazioni private, ma anche per la ragione specifica che esse avevano come fine l'incremento dei culto pubblico e non potevano essere erette so non con formale decreto dell'autorità ecclesiastica competente (cf. cann. 707-708 del codice del 1917).
Il codice di diritto canonico del 1983 ha introdotto la distinzione tra associazioni pubbliche e private; ciò comporta la possibilità di qualificare come associazioni private dì fedeli talune confraternite che in passato erano state qualificate pubbliche, sempreché esse abbiano le connotazioni proprie dell'associazione privata (cf cann. 298-311 e 321- 326).
Le confraternite, avendo per norma come fine anche l'incremento del culto pubblico (cf can. 707, § 2 del codex 1917), in linea con la tradizione dovrebbero essere qualificate come associazioni pubbliche di fedeli (cf can. 301). Fanno eccezione in Italia le confraternite che non hanno scopo esclusivo o prevalente di culto, per la precisa ragione che nell'ordinamento canonico vige la norma pattizia per cui esse sono soggette alla pubblica amministrazione (ora alla regione) per quanto riguarda l'organizzazione e l'amministrazione (art. 71, comma primo, delle Norme approvate con il Protocollo dei 15 novembre 1984: "Le confraternite non aventi, scopo esclusivo o prevalente di culto continuano ad essere disciplinate dalla legge dello Stato, salva la competenza dell'autorità ecclesiastica per quanto riguarda le attività dirette a scopi di culto"; cf art. 17 legge 27 maggio 1929, n. 848). Se queste confraternite non sono soggette all'Ordinario per quanto riguarda l'organizzazione e l'amministrazione, appare conveniente che nell'ordinamento canonico non siano considerate associazioni pubbliche di fedeli, bensì qualificate associazioni private dotate di personalità giuridica ai sensi dei cann. 299 e 322.
Le confraternite aventi fine prevalente di assistenza e beneficenza che hanno modificato il proprio statuto eliminando le finalità di religione e di culto o il riferimento all'autorità ecclesiastica, quelle che non si sono attivate per chiedere la depubblicizzazione e quelle che di fatto hanno rifiutato di tenere rapporti con l'autorità ecclesiastica, devono essere soppresse nell'ordinamento canonico, in quanto si verificano gli estremi delle "graves causae" previste dal can. 320, § 2 o del "grave damnum disciplinae ecclesiasticae" previsto dal can. 326, § 1.
In tale ipotesi resta fermo, qualora la confraternita abbia una propria chiesa, che essa non potrà più gestire l'esercizio del culto e dovrà cedere l'uso della chiesa alla parrocchia competente per territorio o all'ente ecclesiastico designato dal Vescovo diocesano al momento della soppressione.
Quando si verifica una delle cause sopra indicate il Vescovo deve perciò, a norma dei cann. 50 e 320, § 3, sentire i responsabili della confraternita e quindi invitarli a scegliere tra due alternative:
- o chiedere al Vescovo stesso di confermare il riconoscimento della confraternita con la qualifica di associazione privata di fedeli e impegnarsi a gestire l'esercizio dei culto a norma del diritto canonico sotto la sua vigilanza (cf. art. 17 della legge n. 848/1929 e art. 77, comma primo, delle Norme approvate con il Protocollo dei 15 novembre 1984);
- oppure, ove non si voglia il riconoscimento come associazione di fedeli, chiedere la soppressione della confraternita nell'ordinamento canonico ai sensi del can. 320 e cedere l'uso della chiesa e l'esercizio dei culto all'ente ecclesiastico designato dal Vescovo diocesano; se, rifiutata la prima alternativa, la confraternita non accede neppure alla seconda, il Vescovo può dar corso al procedimento diretto ad ottenere anche agli effetti civili la cessione dei diritto d'uso della chiesa (cf. art. 831 codice civile).


 
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